Della violenza e delle donne

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Vedo e sento con piacere molti miei amici, ex-amici ed ex-qualcosaltro uomini (diciamo) scrivere, postare, parlare della violenza sulle donne e del femminicidio. I suddetti mostrano sdegno, stupore rabbia per gli episodi di cronaca degli ultimi giorni e implorano giustizia, mostrando rabbia per ciò che i loro “simili” sembrano essere capaci di fare.
Il tutto fa piacere, tanto: che non siano sempre e solo le donne a parlare di donne è cosa giusta, ed è ciò che volevamo, finalmente. Devo però smentire per un attimo il buonismo di alcune di queste esternazioni e mettere da parte l’apprezzamento per “il gesto”. Insomma devo dire un sereno e pacato “no grazie” a chi poi, nella vita, non tratta le donne molto meglio di come fanno coloro che arrivano a picchiare, addirittura ad uccidere. Devo denunciare che ancora oggi, uomini (diciamo) della mia generazione sono abituati a non comportarsi veramente, profondamente, con le donne come con loro pari. E questo soprattutto nell’interazione uomo/donna che vada oltre il rapporto d’amicizia. Gli uomini, sempre quelli della mia generazione (ho 24 anni), sentono ancora di non dover dare spiegazioni. Sentono ancora il diritto di poter scegliere quando cominciare la loro caccia e quando concluderla senza fornire motivi validi, per ciascuna delle due fasi, all’oggetto del contendere, nella fattispecie la donna. Ancora nella mia generazione l’uomo è il più delle volte seccato dal dover motivare le sue azioni, anche quelle più scontate o meno pregevoli alla donna verso le quali esse sono rivolte, e questo perché, ancora oggi, non vede nella persona che ha di fronte un soggetto che realmente le meriti. Un soggetto che invece, per sua natura direi, è portato quasi sempre all’analisi e alla necessità di approfondimento e riflessione. Sempre fra gli uomini della mia generazione vedo questo pericolo, questo schermirsi dietro ai peggiori della categoria per celare, male, un desiderio inconscio di continuare a fare “un po’ come mi pare”. Purtroppo il rispetto per una donna passa anche attraverso un sereno e sonoro ‘vaffanculo’ che la stessa donna ha bisogno e diritto di sentirsi dire, quando e se necessario, e che è sempre meglio di un brutale, indifferente, irrispettoso e vigliacco silenzio. E se la conseguenza è il brusio di una risposta che si ha fastidio a sentirsi dare…anche dalla capacità di capire le differenze passa il rispetto nei confronti di esseri tanto uguali e tanto diversi. Tutto questo io temo, temo che stiamo portando a galla solo “la crème”, ma che da queste piccole cose, in realtà si capisca quanto il problema sia molto più radicato. Spero davvero di sbagliarmi.